Irpinia: Architetture del Silenzio” è un progetto fotografico che esplora le Geometrie del Vuoto lasciate dal terremoto del 1980. Il 23 novembre di quell’anno, un sisma di magnitudo 6.9 devastò l’Irpinia, cancellando interi borghi e tracciando una frattura profonda nella memoria collettiva. Le immagini raccolte raccontano il silenzio che segue la distruzione, la quiete assordante di ciò che non c’è più.
A prima vista, i segni della ricostruzione sembrano aver colmato il vuoto. Ma guardando più da vicino, si scopre che quel vuoto è ancora lì, nascosto tra le linee dritte delle nuove architetture, tra le strade troppo larghe, nei centri abitati senza volto. Dopo il terremoto, la modernità è piombata sull’Irpinia come un piano calato dall’alto, trasformando il paesaggio e spezzando ogni legame con ciò che era. La ricostruzione è diventata il volto geometrico della perdita.
Le fotografie in bianco e nero accentuano il contrasto tra ciò che era e ciò che resta. Le geometrie rigide dei nuovi edifici si sovrappongono alle rovine del passato, creando una tensione visiva tra identità e anonimato. I vicoli scomparsi, le pietre secolari rimpiazzate da muri senza storia, le piazze svuotate del loro ruolo di incontro: tutto parla di una trasformazione senza radici.
Nel cuore di questi spazi ricostruiti, la sensazione di vuoto non è solo fisica, ma culturale. Gli scatti immortalano luoghi dove la comunità si è dissolta, dove il cemento ha preso il posto delle relazioni. Le nuove urbanizzazioni hanno separato l’uomo dal suo ambiente, trasformando la ricostruzione in un atto di smarrimento. In questo senso, le architetture del silenzio sono anche architetture dell’oblio.
Accanto a queste forme mute, la natura resta. I rilievi dell’Irpinia, i castagneti, i campi coltivati resistono come custodi di una memoria che rifiuta di morire. In alcune inquadrature, il paesaggio si impone come ultimo testimone di un’identità perduta. Gli alberi non hanno dimenticato le case che sorgevano accanto. Le montagne ricordano le voci che le abitavano.
Ma tra rovine, chiese semi-crollate, oggetti abbandonati, qualcosa sopravvive. Sono frammenti di una civiltà contadina che resiste sotto la polvere, pezzi di un passato che ancora parla a chi sa ascoltare. Le fotografie si fanno archivio: raccolgono storie, emozioni, dettagli che rischiano di scomparire. Sono gesti contro l’oblio, tentativi di salvataggio visivo di ciò che i piani urbanistici non hanno previsto.
“Irpinia: Architetture del Silenzio” non è solo un percorso estetico. È un’indagine visiva che pone domande profonde su cosa significhi davvero ricostruire. Perché ricostruire non è solo innalzare muri, ma ricucire senso, riannodare legami, ridare voce ai luoghi. Ogni fotografia invita alla riflessione: cosa resta dopo un trauma collettivo? E cosa rischia di perdersi, quando la fretta del fare prende il posto dell’ascolto?
Questo lavoro non offre risposte, ma pone un monito. Le geometrie del vuoto non sono solo spazi fisici, ma simboli di una memoria disabitata. Le immagini raccolte in questo progetto diventano, così, un ponte tra passato e presente, tra ciò che è stato cancellato e ciò che potrebbe ancora essere salvato.
In un tempo in cui la velocità della trasformazione sembra divorare ogni radice, questa Irpinia fotografata nel silenzio è un invito alla lentezza, all’osservazione, al rispetto. Perché ogni pietra racconta una storia, e ogni vuoto, se ascoltato, può restituirci qualcosa di essenziale.
- Per un ulteriore approfondimento sul rapporto tra paesaggio, memoria e ricostruzione in Irpinia, si rimanda all’articolo Irpinia, paesaggio con rovine di Generoso Picone, pubblicato su Doppiozero:
https://www.doppiozero.com/irpinia-paesaggio-con-rovine