ita
La sequenza fotografica di Pompei si snoda come un racconto visivo, dove verticalità e orizzontalità si intrecciano in un dialogo simbolico che attraversa l'architettura e la memoria. Le immagini si susseguono come tappe di un percorso iniziatico, in cui le colonne, le strade e i frammenti dell'antica città narrano la sospensione tra rovina e permanenza.
Le colonne si svettano nel paesaggio come segni grafici interrotti, sfidando il cielo con la loro presenza frammentaria. Sono testimonianze silenziose di una grandezza architettonica ormai perduta, i cui profili erosi raccontano la fragilità delle costruzioni umane di fronte al tempo. Le loro superfici consumate invitano a una riflessione profonda: ogni crepa è una cicatrice, ogni pietra un racconto sospeso tra abbandono e resistenza.
I selciati e le vie lastricatestituiscono invece un'orizzontalità carica di memoria. Questi percorsi, oggi immobili, un tempo attraversati da vite e movimenti, parlano di un flusso interrotto ma non dimenticato. Ogni lastricato diventa metafora di un passaggio: fisico e insieme simbolico, conduce lo sguardo oltre il tempo, trasformando l'assenza in una presenza silenziosa ma intensamente percepibile.
In questo scenario si inseriscono le sculture contemporanee di Igor Mitoraj. I suoi centauri, figure ibride tra mito e realtà, sembrano emergere dalle rovine stesse, stabilendo un dialogo sottile tra antico e contemporaneo, tra memoria storica e interpretazione artistica.
Una luce morbida e sospesa avvolge l'intera sequenza, cristallizzando l'ambiente in una dimensione di tempo immobile. Il ritmo visivo si articola con sapiente equilibrio: dettagli ravvicinati di superfici corrose si alternano a vedute più ampie che esaltano la monumentalità delle colonne e l'ampiezza delle strade.
Questa sequenza fotografica va oltre la documentazione: esplora il significato universale di Pompei, indagando la persistenza della memoria e la tensione costante tra costruzione e rovina, tra vita e silenzio. Le colonne spezzate e le strade infinite diventano metafore di una resistenza silenziosa, mentre il mito, incarnato nelle opere di Mitoraj, suggerisce la capacità dell'arte di riempire i vuoti della storia.
Lo spettatore è invitato a percorrere questa sequenza come un percorso meditativo, lasciandosi guidare dalle immagini e dai suggerimenti di un luogo che, nonostante il tempo, continua a parlare.
eng
The photographic sequence of Pompeii unfolds like a visual narrative, where verticality and horizontality intertwine in a symbolic dialogue that traverses architecture and memory. The images follow one another like stages of an initiatory journey, in which the columns, streets, and fragments of the ancient city narrate the suspension between ruin and permanence.
The columns rise into the landscape like interrupted graphic signs, challenging the sky with their fragmented presence. They are silent witnesses to a lost architectural grandeur, whose eroded profiles speak of the fragility of human constructions in the face of time. Their worn surfaces invite deep reflection: every crack is a scar, every stone a story suspended between abandonment and resilience.
The cobblestones and paved streets, on the other hand, restore a horizontality laden with memory. These paths, now immobile, once traversed by lives and movement, speak of an interrupted but not forgotten flow. Each paving stone becomes a metaphor for passage: both physical and symbolic, it leads the gaze beyond time, transforming absence into a silent but intensely perceptible presence.
In this setting, the contemporary sculptures of Igor Mitoraj are introduced. His centaurs, hybrid figures between myth and reality, seem to emerge from the ruins themselves, establishing a subtle dialogue between ancient and contemporary, between historical memory and artistic interpretation.
A soft, suspended light envelops the entire sequence, crystallizing the environment in a dimension of immobile time. The visual rhythm is articulated with masterful balance: close-up details of corroded surfaces alternate with wider views that exalt the monumentality of the columns and the breadth of the streets.
This photographic sequence goes beyond documentation: it explores the universal significance of Pompeii, investigating the persistence of memory and the constant tension between construction and ruin, between life and silence. The broken columns and endless streets become metaphors of a silent resistance, while myth, embodied in Mitoraj’s works, suggests the power of art to fill the voids of history.
The viewer is invited to traverse this sequence as a meditative journey, guided by the images and the subtle suggestions of a place that, despite time, continues to speak.